L’equilibrio fra il “rispetto formale” del provvedimento e la “rappresentazione soggettiva” nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare

Nel processo penale oggetto del presente commento l’imputato, facoltoso imprenditore, era stato tratto a giudizio – ai sensi dell’art. 570 bis c.p. – per l’ipotizzata violazione degli obblighi di assistenza familiare nei confronti della giovane moglie separata (e, segnatamente, per aver interrotto l’esecuzione del versamento periodico dell’assegno di separazione, nella misura stabilita con provvedimento del Tribunale civile di Pordenone).

 L’imputato, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Ballo ed Alessandro Luciano, rappresentava preliminarmente che, subito prima dell’instaurazione del procedimento di separazione personale giudiziale, la persona offesa – poi costituitasi parte civile nel processo penale – si era illegittimamente appropriata di ingenti disponibilità liquide di cui egli era titolare (per una somma ben superiore a 400.000,00 euro), trasferendole su conti correnti a lei riferibili ed investendole a proprio nome.

L’imputato aveva inoltre contestato la notevole entità dell’assegno di separazione stabilito dal Tribunale di Pordenone, nonostante la giovane età della moglie separata, la sua piena capacità lavorativa, la brevità del matrimonio e l’assenza di figli; la difesa dell’imputato aveva rilevato ancora che l’assegno divorzile, che aveva sostituito l’assegno di separazione, era stato addirittura revocato dalla Corte d’Appello di Trieste.

Veniva quindi posta in evidenza dalla difesa dell’imputato la ragionevole rappresentazione da parte di quest’ultimo, sul piano soggettivo, di una situazione in cui potesse operare – nei confronti della moglie separata – una compensazione delle rispettive poste di credito, anche perché l’omissione del versamento dell’assegno di mantenimento, da un punto di vista temporale, si qualificava come di minima entità, con versamenti parziali eseguiti in termini non irrilevanti dall’imputato.

Perdeva quindi ogni rilevanza il dato meramente formale di mancato adeguamento al provvedimento giudiziale, atteso che l’imputato – avendo subito la sottrazione di un’ingente somma di denaro – poteva aver ragionevolmente ritenuto di essere stato legittimato a non pagare alcuna somma alla moglie separata, risultando egli creditore di ben maggiori importi, oltretutto in assenza di condizioni che imponessero una solidarietà alimentare (ed anzi in presenza di una situazione che deponeva per la piena capacità lavorativa della giovane ex consorte).

Non poteva quindi essere ascritto all’imputato alcun comportamento doloso per inadempimento dell’obbligo di versamento del contributo al mantenimento della moglie separata, con esclusione di sussistenza di prova certa e sufficiente dell’elemento soggettivo del reato.

Pertanto il Tribunale di Pordenone, dichiarando insufficiente il quadro probatorio a carico dell’imputato –  difeso dall’avvocato Gianluca Ballo e dall’avvocato Alessandro Luciano – pronunciava sentenza di assoluzione ex art. 530 cpv c.p.p. perché il fatto non costituisce reato (34).

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