I temi del “consenso informato in medicina” e della “responsabilità civile e penale del medico”

In data 18/ 21 settembre 2023 si è svolto presso l’Ospedale Civile “Santa Maria della Misericordia” di Rovigo l’undicesimo corso teorico pratico di Nefrologia Interventistica – presieduto dal Professor Fulvio Fiorini, Direttore della UOC di Nefrologia e Dialisi e del Dipartimento Strutturale Medico Specialistico della AULSS n. 5 Polesana/ Ospedale “Santa Maria della Misericordia” – il cui programma prevedeva, fra gli altri, due interventi dell’Avvocato Gianluca Ballo (rispettivamente in data di lunedì 18 settembre 2023 ed in data di giovedì 21 settembre 2023) sui temi del “consenso informato in medicina” e della “responsabilità civile e penale del medico”.

Quanto al primo dei due temi trattati, sono state riepilogate dall’Avvocato Gianluca Ballo le modalità ed i caratteri del “consenso” del paziente a quelle prestazioni diagnostico terapeutiche che possano avere conseguenze sulla sua integrità fisica, inteso quale necessario corollario del fondamentale diritto alla tutela della salute consacrato nell’art. 32 della nostra Carta Costituzionale.

Senza il consenso c.d. “informato” (o, più esattamente, l’esaustiva informativa da parte del sanitario, cui segue il consapevole consenso alla terapia da parte del paziente) l’intervento del medico è infatti – al di fuori dei casi di trattamento sanitario obbligatorio per legge o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia prestato nell’interesse del paziente.

Per questo, si è sottolineato, l’illustrazione informativa da parte del medico dovrà riguardare – secondo quanto specificato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità – la situazione clinica oggettiva del paziente, la descrizione dell’intervento necessario ed i rischi della mancata effettuazione di esso, le eventuali alternative diagnostiche e terapeutiche e le tecniche impiegate e da impiegare.

L’espressione del consenso informato ha infatti, come suo logico antecedente, la facoltà del paziente non solo di scegliere fra le diverse possibilità di trattamento medico (se tale alternativa esiste) ma anche, nell’eventualità, di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita (anche in quella terminale).

Tale correlazione discende dalla circostanza che, sempre secondo la giurisprudenza, il consenso – per essere davvero consapevole – dovrà essere necessariamente completo (riguardare, cioè, tutti i rischi prevedibili, compresi quelli statisticamente meno probabili, con esclusione soltanto di quelli assolutamente eccezionali ed altamente improbabili) e globale (tale cioè da coprire non solo l’intervento nel suo complesso, ma anche ogni singola fase di esso).

Sulle modalità di espressione del consenso, è stato affermato che esso deve essere personale (provenire quindi direttamente dal paziente, salva sua incapacità di intendere e di volere) specifico ed esplicito, inoltre reale ed effettivo (quindi non presunto) ed ancora, quando possibile, attuale.

L’intervento dell’Avvocato Gianluca Ballo ha riguardato quindi la trattazione di tutti quei casi particolari in cui all’operatore si ponga un problema di capacità del paziente di esprimere un valido consenso (quindi, in via esemplificativa, in ipotesi di paziente minorenne, interdetto, sottoposto ad amministrazione di sostegno, temporaneamente incapace o nell’ipotesi di anziano con problemi cognitivi).

E’ stata affrontata quindi la tematica dello “stato di necessità” e dei casi in cui, per legge, non è prevista l’acquisizione del consenso informato, come nel caso del trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.) per forme psichiatriche, malattie infettive diffuse, vaccinazioni obbligatorie.

Sono state quindi discusse talune pronunce della giurisprudenza di merito, di estrema attualità, in merito alla tutela del diritto alla salute di pazienti minorenni in caso di rifiuto da parte dei genitori di prestare il consenso ad interventi chirurgici c.d. “salvavita”.

In particolare, è stato dibattuto un interessante caso deciso dal Tribunale di Modena in cui i genitori avevano giustificato il loro rifiuto alla sottoposizione del figlio di due anni ad un intervento chirurgico salvavita (che avrebbe comportato la correzione di un difetto genetico, ma che poteva richiedere trasfusioni di sangue ed emoderivati) per motivi di ordine religioso, correlati alla circostanza che l’Azienda Sanitaria non avrebbe potuto garantire con certezza la provenienza delle trasfusioni di sangue (necessarie al piccolo paziente) da donatori non vaccinati “anti Covid 19”, con la conseguenza che – secondo i genitori neganti il consenso (che sostenevano che il ministero della Chiesa Cattolica consentirebbe tale obiezione di coscienza) – al figlio sarebbero state iniettate sostanze ricavate da cellule di feti abortiti volontariamente.

Il Tribunale di Modena, dovendo valutare il contrasto fra il diritto alla salute ed alla vita del paziente e la libertà di coscienza o di religione dei genitori – atteso anche che scientificamente non risultava attendibile sostenere esistesse una differenza fra il sangue di vaccinati “anti Covid 19” e quello dei non vaccinati – ha ritenuto che, nel bilanciamento, dovessero prevalere il diritto alla sopravvivenza riconosciuto al minore anche dalla Convenzione di New York, autorizzando l’intervento chirurgico.

In data di giovedì 21 settembre 2023 si è tenuto il secondo intervento dell’Avvocato Gianluca Ballo, avente ad oggetto il vasto tema della “responsabilità civile e penale del medico” anche alla luce delle novità introdotte dalla Legge n. 24 dell’8 marzo 2017 (c.d. Legge “Gelli – Bianco”).

 Si è introdotto quindi il tema dell’istituzione dei Centri Regionali per la Gestione del Rischio Sanitario e dell’Osservatorio Nazionale delle Buone Pratiche sulla Sicurezza nella Sanità, nonché dell’avvenuta introduzione nel corpo del codice penale, per opera della Legge “Gelli – Bianco”, dell’art. 590 sexies (che disciplina la “responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”).

Sono state di seguito trattate le figure della negligenza, imprudenza ed imperizia, che caratterizzano la c.d. “colpa speciale” o “colpa professionale” dell’esercente la professione sanitaria.

Dopo quello della responsabilità penale, è stato affrontato il tema della responsabilità civile e delle sue implicazioni, anche alla luce della definizione data dall’art. 7 della Legge n. 24/2017 (“responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”) e, più nello specifico, di come la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata – che nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente ed ancorché non dipendenti dalla struttura stessa – risponda delle loro condotte colpose ex artt. 1218 e 1228 c.c. secondo le norme che disciplinano, quindi, la responsabilità contrattuale.

 Mentre l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c. (salvo abbia agito nell’adempimento dell’obbligazione assunta con il paziente) e quindi secondo le differenti norme che disciplinano la responsabilità extracontrattuale.

L’Avvocato Gianluca Ballo ha trattato poi il fondamentale tema del c.d. “giudizio controfattuale ex post” che – diversamente operando in ambito penale (secondo la regola dell’oltre “ogni ragionevole dubbio”) rispetto all’ambito civile (secondo la regola del “più probabilmente che non”) – costituisce l’operazione di astrazione logica che, sostituendo idealmente a posteriori il comportamento del sanitario (sia esso commissivo od omissivo) ritenuto scorretto con quello corretto, consente di pervenire, a seconda degli esiti, all’affermazione (od all’esclusione) della responsabilità per colpa medica (37).

Si è trattato quindi della particolare figura del  danno non patrimoniale da “perdita di chance di sopravvivenza”: fattispecie che implica un’indagine, sul piano eziologico, che tenga presente quale termine di riferimento della causalità – ai fini dell’individuazione dell’evento dannoso – non la morte (e, per contro, la mancata guarigione della paziente) ma la perdita della possibilità, da parte di quest’ultimo, di vedere rallentato il decorso della malattia (e quindi aumentata la durata o la possibilità della sopravvivenza).

Pertanto, il modello d’indagine del nesso causale in caso di “perdita di chance” è sì fondato sulla regola probatoria c.d. del “più probabile che non” (secondo l’insegnamento consolidato di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite, 11 gennaio 2008, n. 576), ma va inteso nel senso che è l’evento “perdita di chance” a costituire il termine di riferimento della causalità, quale evento di danno risarcibile.

 In altri termini, una volta individuata una chance, per definizione consistente in mera possibilità (la cui esistenza sia però provata, in base a dati scientifici o statistici) va indagato il nesso causale della perdita di tale possibilità con la condotta riferita all’esercente la professione sanitaria ritenuto responsabile, prescindendo dalla maggiore o minore idoneità della chance a realizzare il risultato sperato (ma reputandola, di per sé, come un “bene giuridico”, cioè un diritto attuale autonomo e diverso dagli altri, ivi compreso il diritto alla salute).

Il ragionamento sul piano eziologico va quindi certamente effettuato in termini probabilistici, ma al solo scopo di indagare il rapporto tra la situazione fattuale e la perdita della possibilità del risultato utile, vale a dire nel compiere quella che è l’attività di “accertamento” del nesso di causalità materiale (così come connotata in ambito civile, con applicazione della detta regola c.d. del “più probabile che non”).

La parte finale dell’intervento dell’Avvocato Gianluca Ballo ha riguardato i temi del tentativo obbligatorio di conciliazione e dell’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria.

          

 

Menu