“Actio quanti minoris” – nessuna riduzione senza prova del deprezzamento

La sentenza in commento ha definito un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: con il provvedimento monitorio una società costruttrice (ed anche venditrice) di un bene immobile – rappresentata dall’avvocato Gianluca Ballo – aveva sollecitato la pronuncia di un’ingiunzione di pagamento, nei confronti della committente (anche acquirente del bene), della somma capitale di € 10.000,00, dovuta quale corrispettivo per la realizzazione di lavori edili supplementari eseguiti sull’immobile acquistato, oltre a quelli originariamente previsti.

L’opponente, oltre a sostenere che la somma ingiunta non fosse dovuta – poiché i lavori edili eseguiti sul bene costituivano, in tesi avversaria, il completamento di opere già concordate nell’originario contratto d’appalto sottoscritto fra le parti in causa (e quindi un vero e proprio indebito oggettivo) – dispiegava altresì domanda riconvenzionale deducendo che i lavori edili eseguiti sull’immobile presentavano gravi vizi, per i quali richiedeva la riduzione del prezzo di acquisto, pari ad € 165.000,00.

La società opposta si costituiva in giudizio con il patrocinio dell’avvocato Gianluca Ballo richiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo, deducendo che l’accordo fra le parti che indicava i lavori di completamento – proprio perché redatto in forma scritta in via contestuale alla stipula del rogito notarile di compravendita – riguardava giocoforza lavori edili supplementari (ed originariamente non previsti) dal contratto d’appalto, contestava inoltre che i vizi dell’immobile potessero essere ritenuti gravi, integrando al più meri “difetti” per mancato completamento di talune opere.

Il Tribunale di Rovigo, circa la questione dell’obbligazione relativa al versamento della somma di € 10.000,00, riteneva decisiva la circostanza, provata dalla difesa dell’opposta, dell’avvenuta consegna – da parte dell’opponente – di un assegno bancario per il suddetto importo, avvenuta venti giorni dopo la stipulazione dell’accordo contemplante l’indicazione dei lavori supplementari, in data esattamente coincidente a quella prevista per il completamento di essi.

Tali circostanze integravano, per l’autorità giudiziaria adita, degli indizi gravi, precisi e concordanti che consentivano di ritenere raggiunta la prova della pattuizione del versamento, da parte della committente, di un corrispettivo supplementare per i lavori indicati nell’accordo.

La legge prevede infatti che l’assegno valga come promessa di pagamento e, secondo quanto statuito dall’art. 1988 c.c., comporta una presunzione “iuris tantum” dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente (o il girante) non fornisca la prova dell’inesistenza, invalidità od estinzione di tale rapporto (cfr. ex multis Cassazione civile, Sez. III, 25 ottobre 2010, n. 21826).

L’opponente, nel caso di specie, non aveva fornito alcuna spiegazione alternativa relativa all’emissione del titolo di credito, né aveva dedotto (od offerto di provare) che tale promessa di pagamento riguardasse una diversa obbligazione, eventualmente già estinta per altro motivo.

Anche la domanda riconvenzionale di riduzione del prezzo (la c.d. “actio quanti minoris”) – dispiegata dall’opponente per ottenere la riduzione del corrispettivo per il deprezzamento subito dall’immobile in considerazione dei vizi e difetti denunciati (che, nel frattempo, erano stati accertati dal ctu nominato dal Tribunale, che aveva indicato un corrispettivo di € 25.000,00 circa oltre ad iva per porvi rimedio) – veniva rigettata, in quanto nel corso dello svolgimento del giudizio l’avvocato Gianluca Ballo aveva scoperto che il bene immobile era stato successivamente venduto dall’opponente ad un terzo (circostanza che l’opponente aveva taciuto) e che dalla predetta vendita di quello stesso bene immobile che si riteneva affetto da vizi l’opponente, rispetto al prezzo sborsato al momento dell’acquisto, aveva guadagnato addirittura € 90.000,00.

Evidenziava ancora l’avvocato Gianluca Ballo che tutti i vizi lamentati dall’opponente non risultavano essere stati eliminati prima della seconda vendita, con la conseguenza che l’opponente non poteva avere diritto ad alcun risarcimento, non avendo l’immobile subito alcun deprezzamento rispetto a quando era stato acquistato, ma avendo anzi aumentato considerevolmente il proprio valore economico, come comprovava pacificamente il prezzo incassato dall’opponente per effetto della vendita conclusa con un terzo, superiore di oltre € 90.000,00 rispetto a quanto da lui pagato per acquistarlo dalla società convenuta opposta.

Il Tribunale di Rovigo, accogliendo la prospettazione dell’avvocato Gianluca Ballo, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo, condannando l’opponente a rifondere integralmente alla convenuta opposta le spese del giudizio, ponendo altresì definitivamente a carico dell’opponente anche le spese di ctu (30).

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